La decisione di Donald Trump di ritirare le truppe dalla Siria è uno degli errori di calcolo di politica estera più miopi che si ricordino. Le azioni del presidente lasciano gli alleati curdi dell’Occidente in balia della Turchia. E il bizzarro tentativo di giustificazione di Trump -l’affermazione di avere abbandonato i curdi perché non hanno aiutato gli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale – aggiunge un insulto al danno. Dopo trent’anni di tentativi da parte degli Stati Uniti di presentare quello che il presidente George Bush aveva definito un “nuovo ordine mondiale”, una cinica leadership americana si sta ritirando – e gli amici del paese stanno pagando un prezzo pesante.
La Siria orientale, che era una delle poche aree relativamente pacifiche del paese, stava lentamente procedendo verso la ricostruzione dopo essere stata liberata dall’ISIS. Ora la Turchia la sta bombardando. Ankara sostiene che gli Stati Uniti hanno collaborato con elementi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e questo dà alla Turchia il diritto di invadere la regione.
Gli Stati Uniti hanno riconosciuto come valide le preoccupazioni per la sicurezza della Turchia, in virtù delle forze americane sul terreno nella Siria orientale che hanno persino lavorato insieme alle forze democratiche siriane e alle forze per lo più curde che hanno combattuto l’ISIS, per rimuovere tutte le fortificazioni che la Turchia riteneva fossero motivo di preoccupazione. Ma questo non è stato sufficiente per fare da argine a Erdogan.
Il vero obiettivo della Turchia nella Siria orientale sembra sempre più quello di attuare un cambiamento demografico, collocando diversi milioni di rifugiati arabi provenienti da altre parti della Siria all’interno delle aree curde lungo il confine. Il mese scorso, Ankara ha presentato una mappa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, mostrando le sue richieste di controllo della regione. Ha proposto un progetto da 22 miliardi di sterline (27 miliardi di dollari) per costruire una “zona sicura”, che accoglierebbe un milione di rifugiati. Ma perché non ha intrapreso questo progetto ad Afrin o a Jarabulus, aree già sotto il suo controllo?
L’obiettivo della Turchia nella scelta di quest’area è duplice. Ha lo scopo di distruggere le forze democratiche siriane per lo più curde (SDF) e rimpiazzarle con le forze ribelli arabe reclutate tra i ribelli siriani. Ciò risolve due problemi che la Turchia deve affrontare. Permette al paese di aumentare il suo ruolo militare in Siria e fondamentalmente, consente al presidente Erdogan di presentare a casa propria una vittoria nazionalista, al contempo riducendo la pressione dei rifugiati siriani presenti in Turchia.
Il probabile risultato finale di ciò che sta accadendo nella Siria orientale è che le forze ribelli siriane, ora ricostituite sotto uno stendardo turco come Armata Siriana Nazionale, verranno usate come proxy da Ankara contro gli alleati americani, l’SDF. Considerando che sia gli Stati Uniti che la Turchia sono stati inizialmente coinvolti nella guerra civile siriana al fine di contrastare Bashar al-Assad, è singolare che l’ultimo grande conflitto della guerra sarà combattuto non contro Assad ma tra gli ultimi due gruppi indipendenti in Siria che si oppongono ad Assad. La Russia e l’Iran apprezzeranno sicuramente l’ironia di tutto ciò, osservando la distruzione dell’SDF e l’eventuale allineamento dei ribelli siriani che verranno incanalati nella Siria orientale a fianco delle forze armate turche.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, Washington ha perso la propria influenza in Siria ed è stato umiliato più ampiamente nel Golfo quando l’Iran ha attaccato l’Arabia Saudita il 14 settembre, eludendo le difese costruite dagli Stati Uniti. E mentre Trump ha dato molta enfasi ai cosiddetti “scarafaggi” dell’ISIS attualmente in custodia americana, non ha presentato alcun piano per ciò che accadrà con gli altri prigionieri appartenenti all’ISIS detenuti nella Siria orientale.
Allontanarsi dalla Siria senza consultare gli alleati con forze presenti sul terreno, tra cui Regno Unito e Francia, mostra che gli Stati Uniti sono diventati imprevedibili nella loro politica estera. L’affermazione di Trump secondo cui l’America non può combattere guerre senza fine è una giusta critica al coinvolgimento in corso degli Stati Uniti in luoghi come l’Afghanistan. Ma l’operazione siriana contro l’ISIS ha avuto successo ed è stara relativamente breve. Consisteva di centinaia di forze speciali accorpate con la potenza aerea che sfruttavano i combattenti locali per sconfiggere l’ISIS. Se Washington avesse voluto concludere la sua operazione, avrebbe dovuto farlo gradualmente e nel contempo chiarire le cose ai propri alleati e partner. Invece gli Stati Uniti hanno gettato via la Siria orientale – e i loro vitali alleati curdi – come se stessero mandando indietro una zuppa fredda al ristorante.
Traduzione di Niram Ferretti
https://blogs.spectator.co.uk/2019/10/donald-trumps-shameful-syrian-betrayal/