Il presidente statunitense Donald Trump si è affidato come di consueto a twitter per fare il punto sulla situazione sul Medio Oriente. In un doppio tweet ha scritto: «Non è solo al Pakistan che paghiamo miliardi di dollari per nulla, ma anche a molti altri Paesi. Ad esempio, paghiamo ai palestinesi centinaia di milioni di dollari all’anno e non otteniamo alcun apprezzamento o rispetto. Non vogliono neppure negoziare un trattato di pace con Israele necessario da molto tempo». E ancora «Noi abbiamo tolto dal tavolo Gerusalemme, la parte più dura del negoziato, ma Israele, per questo, avrebbe dovuto pagare di più. Ma con i palestinesi non più desiderosi di colloqui di pace, perché dovremmo fare loro uno qualsiasi di quei massicci pagamenti futuri?».
Quella che appare come una minaccia ai palestinesi, e che i media in effetti stanno dipingendo esclusivamente come tale, in realtà è un ulteriore chiarimento della strategia trumpiana: i negoziati tra arabi e israeliani devono partire da Gerusalemme capitale di Israele, “la parte più dura del negoziato” ma anche conditio sine qua non per avviare qualsiasi trattativa.
Trump ammette, contestualmente, che i maggiori ostacoli all’avvio dei negoziati arrivano da Ramallah e da Gaza, proprio per questo è necessaria una robusta “tirata d’orecchie” ai palestinesi. E nulla è meglio di una sfida sul piano economico.
Come ha ricordato su twitter, gli Usa hanno già deciso di congelare oltre 255 milioni di dollari di aiuti al Pakistan, che non contribuisce in modo adeguato alla lotta al terrorismo. Stesso discorso, ora, per i palestinesi che si ostinano a non volersi sedere ad un tavolo con Israele.
Nikki Haley, ambasciatrice Usa presso l’Onu, aveva già fatto sapere che il presidente cesserà di elargire fondi «sino a quando i palestinesi non si dimostreranno inclini a tornare al tavolo negoziale». «Vogliamo davvero un processo di pace e nulla è cambiato in questo senso. I palestinesi devono dimostrare che vogliono sedersi a quel tavolo. Al momento però non sembrano volerlo, ma al contempo chiudono aiuti. Noi però dobbiamo essere sicuri che siano pronti a raggiungere quel tavolo».
A questo punto la palla passerà ad Abu Mazen e all’Anp, che per ora sembrano optare per la tattica del vittimismo sulla falsariga degli “Usa che affamano i poveri bambini palestinesi”.
La strategia di Trump, dal dialogo con il blocco dei Paesi sunniti all’isolamento dell’Iran, ha finora portato risultati concreti, a Riad come a Teheran. Le notizie di queste ultime ore confermano che il presidente statunitense ha le idee chiare sul Medio Oriente e sta ottenendo tutti, o quasi, i risultati sperati. Difficile che a Ramallah non ne tengano conto.