Anna Muzychuk, ventisettenne ucraina campionessa di scacchi, ha scritto un post su facebook annunciando la sua scelta di rinunciare al campionato mondiale di scacchi organizzato a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Una decisione difficile e che costerà cara alla campionessa, che in questo modo darà l’addio ai titoli mondiali di cui è detentrice in due discipline di scacchi veloci (rapid e blitz), ma motivata da valori non negoziabili: la campionessa non ha voluto partecipare alla competizione in un Paese dove non vengono rispettati i diritti delle donne, seguendo le orme della russa Nazi Paikidze che nel 2016 aveva rifiutato di partecipare ai campionati femminili di scacchi in Iran perché sarebbe stata costretta ad indossare il velo.
Anna Muzychuk ha motivato così la decisione sul suo profilo facebook: “Lo faccio per non giocare secondo le regole altrui, non indossare un velo, non essere scortata in giro e non sentirmi una sottospecie umana“.
Il suo post è un vero e proprio sfogo, in cui la campionessa scrive: “In pochi giorni perderò i miei due titoli mondiali, uno dopo l’altro. Li ho vinti esattamente un anno fa ed ero la persona più felice del mondo. Ma adesso sono molto triste. Eppure sono pronta ad alzarmi in piedi per difendere i miei principi e saltare l’evento, dove in cinque giorni avrei potuto guadagnare quanto guadagno in 12 gare. Non cambierò idea!“.
Si può rinunciare alle medaglie e ai soldi, ma non alla dignità.
La coraggiosa scelta della campionessa potrebbe servire a risvegliare finalmente l’attenzione sulla difficile condizione delle donne nei Paesi arabi e musulmani, un argomento tanto ignorato e trascurato (anche dalle femministe occidentali) da essere diventato tabù.
L’Arabia Saudita, dal canto suo, si è aggiudicata il diritto ad ospitare il torneo seducendo la Federazione Mondiale Scacchi (Fide) a suon di bigliettoni: ben due milioni di dollari di montepremi, il quadruplo rispetto alla tariffa annuale della stessa Fide.
Peccato che non stia sfruttando l’occasione per migliorare la propria immagine internazionale: ad esempio, è stato negato il visto ai sette scacchisti israeliani con la motivazione che “il regno non ha legami diplomatici con Israele”.
La Federazione israeliana di scacchi non ha potuto far altro che annunciare l’intenzione di chiedere un risarcimento danni, intanto però rimane la macchia indelebile del boicottaggio mentre gli scacchisti del Qatar sono stati accolti in Arabia Saudita nonostante i loro visti siano stati firmati poco prima che il torneo iniziasse e nonostante pochi mesi fa il regno abbia rotto ogni legame con Doha.
Un boicottaggio che puzza di antisemitismo e mal si abbina alla svolta riformatrice avviata dal principe ereditario Mohammed bin Salman.