Non poteva che risvegliare e accendere gli animi dei Bds la notizia della partenza da Gerusalemme del Giro d’Italia 2018. Com’era stato annunciato anche da L’Informale , la prossima edizione partirà dalla capitale israeliana. Lo stato ebraico ospiterà le prime tre tappe della kermesse: la prima cronometro a Gerusalemme, in cui i ciclisti costeggeranno luoghi simbolo come la Knesset; la seconda tappa da Haifa a Tel Aviv con arrivo sul lungomare; la terza tappa sul Negev, da Be’er Sheva a Eilat. In seguito a queste prime tre tappe ci sarà un giorno di sosta per il trasferimento dei ciclisti in Italia.
Una bella iniziativa pensata soprattutto per rendere omaggio all’indimenticabile ciclista Gino Bartali, il campione italiano proclamato Giusto tra le Nazioni per aver salvato la vita a centinaia di ebrei. In questo modo sarà celebrato anche il settantesimo anniversario della fondazione di Israele, che cade in concomitanza con la centunesima edizione del Giro d’Italia.
Non sono d’accordo i seguaci del movimento Bds (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni contro Israele), che si sono fatti sentire sul sito dell’organizzazione. Secondo loro: “La corsa “celebrerà” il settantesimo anniversario della fondazione di Israele sulle rovine della patria palestinese” (?) “con la pulizia etnica, o Nakba, di una maggioranza dei palestinesi indigeni”.
Palestinesi indigeni, Nakba, patria palestinese. Insomma, i soliti slogan. I Bds accusano Israele di voler “dipingere un’immagine di vita normale” (è noto che in Israele non ci sia) tramite “lo sport-washing”. Accuse tragicomiche se non fossero condite da bellicose intenzioni di fare pressione sugli organizzatori del Giro d’Italia per spostare le prime tre tappe della corsa.
Nel loro delirio, i Bds parlano anche di “beduini palestinesi” (ma non erano gli arabi gli indigeni?) e insistono nei paragoni con il “Sudafrica dell’apartheid negli anni ’80”.
La lettera che i seguaci del movimento hanno intenzione di inoltrare all’attenzione di Urbano Cairo (presidente di Rcs Mediagroup), Riccardo Taranto (presidente Rcs Sport) e Mauro Vegni (direttore del Giro d’Italia) è piena di inesattezze storiche, palesi idiozie e slogan ormai imparati a memoria, a partire dal concetto di “pulizia etnica” e “palestinesi indigeni”, che nella missiva sembrano essere diventati i beduini, non più gli arabi. No manca la solita citazione della risoluzione 181 dell’Onu, che non menziona mai uno stato palestinese (all’epoca gli arabi palestinesi non erano ancora stati inventati) ma si riferisce espressamente ad un generico stato arabo. Quanto alle accuse di apartheid e genocidio, è sufficiente documentarsi sull’aumento della popolazione araba a Gaza e nei territori contesi e sui diritti degli arabi israeliani, identici a quelli degli ebrei. Per non parlare degli ebrei cacciati dai Paesi arabi.
Ecco il testo dell’appello del Movimento Bds:
All’attenzione di:
Urbano Cairo, Presidente, RCS Mediagroup
Riccardo Taranto, Presidente, RCS Sport
Mauro Vegni, Direttore, Giro d’Italia
Siamo profondamente preoccupati per gli annunciati piani di fare partire l’edizione 2018 del Giro d’Italia da Israele. Malgrado i vostri tentativi di evitare “zone sensibili”, tenere la corsa in qualsiasi luogo sotto controllo israeliano coinvolge il Giro d’Italia nelle violazioni israeliane del diritto internazionale.
Facendo iniziare la corsa a Gerusalemme, il Giro d’Italia diventerà parte del processo in corso da parte di Israele per istituzionalizzare la sua presa illegale sulla città occupata. La risoluzione 181 (1947) dell’Assemblea Generale dell’ONU ha stabilito Gerusalemme come corpus separatum sotto un regime internazionale speciale e ha ripetutamente affermato che “tutte le azioni intraprese da Israele, la potenza occupante, di imporre le sue leggi, giurisdizione e amministrazione sulla Città Santa di Gerusalemme sono illegali.” Nel 1967, Israele ha occupato Gerusalemme Est, annettendola unilateralmente come parte della sua “capitale unita.” Malgrado le ripetute rivendicazioni da parte dei ministri israeliani durante la cerimonia di annuncio, la comunità internazionale non riconosce alcuna parte di Gerusalemme come capitale di Israele.
Nel sud di Israele, dove è prevista un’altra tappa della corsa, dozzine di città beduine palestinesi si vedono rifiutati riconoscimento e servizi di base da parte di Israele e sono state sottoposte a ripetute demolizioni, nel caso di Al-Araqib oltre 100 volte. Dal 2010, Israele ha revocato la cittadinanza di centinaia, probabilmente migliaia, di beduini palestinesi senza alcuna ragione, rendendoli apolidi.
Queste politiche fanno parte della perdurante pulizia etnica da parte di Israele, che è cominciata 70 anni fa con la fondazione di Israele sulle rovine della patria palestinese e con il trasferimento forzoso di una maggioranza dei palestinesi indigeni.
Questo è ciò che Israele intende ‘celebrare’ l’anno prossimo. Il Giro d’Italia non dovrebbe partecipare a questo.
Come sarebbe stato inaccettabile per il Giro d’Italia cominciare dal Sudafrica dell’apartheid negli anni ’80, è inaccettabile iniziare la corsa in qualsiasi luogo sotto controllo di Israele poiché questo servirà soltanto come timbro di approvazione per l’oppressione dei palestinesi da parte di Israele.
Sollecitiamo RCS a rispettare il diritto internazionale e a spostare l’inizio della corsa in un altro paese. Per favore, non permettete a Israele questo “grande colpo politico”, macchiando uno dei principali eventi sportivi d’Europa.
Naturalmente, gli organizzatori si aspettavano rischi di questo tipo e saranno costretti a fare gli straordinari per garantire il corretto svolgimento delle prime tre tappe e di tutto il Giro d’Italia. Succede, se si sceglie di coinvolgere Israele. Avere a che fare con l’intolleranza e lo squadrismo dei soliti noti, fomentati da menzogne ormai radicalizzate, non è una sorpresa.