Storia di Israele e dell’Ebraismo

Così l’Unesco segue le orme dell’impero romano

Tito Augusto Vespasiano, l’imperatore romano che ha distrutto il Secondo Tempio ebraico di Gerusalemme e fatto bruciare la città, fosse vivo oggi potrebbe vedere l’approvazione della risoluzione dell’Unesco che ignora ogni collegamento ebraico a Gerusalemme e sarebbe molto orgoglioso di notare la buona riuscita della sua opera.

Secondo lo storico ebreo romano Giuseppe Flavio, dopo la distruzione di Gerusalemme nell’anno 70 d.C. per porre fine alla Grande Rivolta ebraica “non è stato lasciato nulla che potesse far credere, a chiunque si recasse a Gerusalemme, che fosse mai stata abitata prima”. Il successore di Vespasiano, Tito, è stato generale durante la repressione della Giudea e ha voluto cancellare ogni collegamento del popolo ebraico alla città di Gerusalemme e alla terra di Israele.

Nell’82 d.C., per commemorare la distruzione di Gerusalemme è stato fatto erigere in onore di Tito un arco di trionfo a Roma, tuttora esistente, che raffigura il saccheggio dei tesori del secondo tempio. Gli studiosi hanno concluso che la costruzione del Colosseo, completata sotto Tito nell’80 d.C., sia stato finanziata dal bottino rubato dal Tempio. Circa 100.000 schiavi ebrei sono stati costretti a lavorare alla sua costruzione.

Sessantacinque anni dopo, nel 135 d.C., i romani hanno represso un’altra ribellione della Giudea guidata da Bar Kokhva, giustiziando centinaia di migliaia di ebrei a fil di spada. Per punire ulteriormente gli ebrei, l’imperatore Adriano ha rinominato la Giudea “Syria-Palaestina”. Gerusalemme è stata trasformata in una città pagana dal nome Aelia Capitolina, infine è stato costruito un tempio dedicato a Giove sull’ebraico Monte del Tempio. L’obiettivo era quello di eliminare ogni legame storico del popolo ebraico con la loro patria.

Anche se i Romani hanno tentato di cancellare il collegamento ebraico a Gerusalemme, non sono stati gli unici a occupare la terra di Israele. Dopo di loro è arrivato l’Impero bizantino e nel VII secolo gli eserciti arabi musulmani hanno conquistato la provincia romana dandole il nome di “Palestina”. I nuovi conquistatori hanno costruito ulteriormente sul Monte del Tempio, dando al sito un nuovo nome: Al-Haram al-Sharif, o Nobile Santuario.

Altri conquistatori si sono susseguiti. I crociati provenienti dall’Europa hanno conquistato la “Terra Santa” mantenendo il dominio per due secoli. Gli eserciti musulmani della dinastia ayyubide l’hanno poi ripresa, seguita da altri imperi musulmani: mamelucchi e ottomani.

Nonostante questo, gli ebrei sono ostinatamente rimasti come minoranza nella loro terra d’origine, senza mai dimenticare quelli in diaspora. Essi costantemente si rivolgevano verso il Monte del Tempio di Gerusalemme, pregando di tornare e promettendosi “l’anno prossimo a Gerusalemme” durante le vacanze. Gli archeologi eccepiscono che la Bibbia non possa essere utilizzata come unica fonte probatoria per il collegamento ebraico in Israele, sono richieste anche prove archeologiche extra-bibliche.

Ebbene, nel 1993 la prima menzione di re Davide al di fuori dalle pagine della Bibbia è stata trovata nel nord di Israele. Nella Tel Dan Stele, risalente all’VIII secolo avanti Cristo, si trova un’iscrizione che commemora la vittoria del re arameo su due dei suoi vicini al Sud: il Re d’Israele e il Re della Casa di Davide. La Stele conferma ciò che la Bibbia riferisce riguardo ai due regni d’Israele divisi, la Giudea Davidica a Gerusalemme e il Regno d’Israele.

L’anno scorso, il timbro reale del re Ezechia di Giudea (715-686 a.C.), menzionato nella Bibbia, è stato trovato in uno scavo vicino alla città vecchia di Gerusalemme. Il francobollo, poco più di un centimetro di diametro, contiene la scritta in ebraico “appartenente a Ezechia, (figlio di) Acaz, re di Giudea.”

Questi sono solo due manufatti tra le migliaia comprovanti tre millenni di storia che collegano il popolo ebraico e la presenza nella loro terra d’origine.

E ora, appena una settimana dopo che il comitato esecutivo dell’Unesco ha ratificato la controversa risoluzione che ha ignorato i legami ebraici al Monte del Tempio, il Comitato del Patrimonio Mondiale sempre dell’Unesco ha approvato una risoluzione supplementare con un testo simile. Entrambe le deliberazioni si riferiscono al Monte del Tempio e al Muro occidentale solo con i loro nomi musulmani, Al-Haram Al-Sharif e Al-Buraq. La prima risoluzione ha condannato Israele definendola “potenza occupante” per le azioni intraprese presumibilmente in entrambi i luoghi, la seconda non riconosce l’importanza di Gerusalemme come luogo sacro anche per l’ebraismo e il cristianesimo. Come la risoluzione controversa della scorsa settimana, anche l’ultima è stata approvata con una larga maggioranza.

Nella sua lettera al ministro dell’Istruzione israeliano Naftali Bennett, il Direttore Generale dell’Unesco Irina Bokova ha riconosciuto il carattere antisemita delle risoluzioni che stanno tentando di falsificare la storia: “mi permetta di rassicurarvi sul mio impegno assoluto a proseguire tutti gli sforzi nella lotta contro tutte le forme di antisemitismo, compresi quelle che attingono a visioni parziali o distorte della cultura e della storia, così come quelle che cercano di contestare l’esistenza di Israele“.

L’Unesco sta seguendo le orme dell’impero romano, che ha cercato di cancellare il collegamento ebraico a Gerusalemme, come hanno fatto molti altri imperi che sono arrivati dopo. Non importa quante risoluzioni siano presentate e approvata dall’Unesco, il popolo ebraico rimarrà un popolo senza sosta. Proprio come Tito e i colonialisti dopo di lui non sono riusciti a cancellare il collegamento ebraico a Gerusalemme, non ci riuscirà l’Unesco.

Tratto da un articolo di Joey Bendah per Times of Israel

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