Israele e Medio Oriente

“L’idiot savant”, se solo sapiente fosse

All’inizio di ottobre, in risposta alle uccisioni di Ismail Haniyeh e Hassan Nasrallah, l’Iran ha lanciato 180 missili contro Israele, diretti perlopiù alle basi militari e al quartier generale del Mossad. Iron Dome, la «Cupola di ferro», ha intercettato gran parte dell’arsenale letale degli Ayatollah, mentre la vasta rete di rifugi antiaerei ha protetto i civili dal terrore iraniano. 

Diversi missili hanno effettivamente colpito il loro obiettivo, come la base aerea di Netavim, ma invece di danneggiare aerei o infrastrutture militari, l’attacco ha causato danni minori, principalmente alle abitazioni limitrofe. La sede centrale del Mossad è rimasta illesa. L’unica vittima registrata è stata un arabo colpito da alcune schegge nel villaggio di Ne’ima, vicino a Gerico. 

Insomma, la Repubblica islamica, nella sua esibizione di solidarietà con la «Palestina» e il Libano contro il «Piccolo Satana» ebraico, ha distrutto una sola vita, quella di un «palestinese oppresso». Non un grande risultato. 

Questo non ha impedito ad Alessandro Orsini, l’idiot savant della LUISS e portaborse di Putin, di scrivere compiaciuto su Il Fatto Quotidiano che «il sistema antiaereo israeliano è stato “bucato” dall’Iran» e, addirittura, che «i generali iraniani possono bombardare Israele con i missili premendo un bottone dal divano». 

Non pago di queste ennesime affermazioni allucinate, il «sociologo» si è spinto anche a criticare la risposta di Gerusalemme all’attacco dell’Iran che, a parer suo, rivelerebbe la «smisurata debolezza» dello Stato ebraico. 

L’imponente rappresaglia israeliana, lungi dall’essere «elefantiaca» o uno «sforzo appena inferiore all’apertura del Mar Rosso», come scrive Orsini, ha dimostrato la superiorità militare di Israele e la solidità dell’alleanza con Washington, nonostante la pessima Amministrazione Biden. 

Axios ha riferito che l’azione dell’aeronautica militare israeliana contro le strutture militari iraniane è consistita in tre ondate di attacchi: la prima ondata ha eliminato radar e difese aeree, mentre le altre due hanno messo nel mirino soprattutto le basi missilistiche e le fabbriche di droni. Le immagini satellitari esaminate dall’Associated Press hanno mostrato danni estesi a siti militari sensibili. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito 20 siti militari iraniani nell’operazione, tra cui la base militare di Parchin, dove è stata sviluppata la tecnologia missilistica e nucleare del regime. 

Anche la vicina base di Khojir, che secondo gli analisti nasconderebbe un sistema di tunnel sotterranei e siti di produzione di missili, è stata danneggiata. 

Sebbene l’Iran sapesse dell’attacco, e fosse persino in grado di prepararsi dopo la fuga di notizie riservate americane sui movimenti militari di Israele, non è comunque riuscito a fermare gli aerei dell’aeronautica militare israeliana mentre colpivano in profondità nel territorio della Repubblica islamica. 

Israele ha condotto un attacco che ha distrutto le difese missilistiche terra-aria di Teheran, a lungo descritte come impenetrabili, inclusi, in modo particolare, i sistemi di difesa missilistica S-300 prodotti e forniti dalla Russia, la patria d’elezione di Orsini, lasciando il Paese vulnerabile più che mai a future incursioni da parte dello Stato ebraico o di altri avversari. 

Eppure, secondo l’arrogante «sociologo» dalla voce strozzata, l’esercito israeliano sarebbe «concepito per confrontarsi con milizie come Hamas ed Hezbollah o per sterminare migliaia di palestinesi indifesi» – sì, ha scritto proprio «sterminare», a rimarcare la sua malafede. 

Orsini prosegue scrivendo che «l’aviazione israeliana va bene per mettere in ginocchio Paesi confinanti debolissimi come Libano, Egitto o Siria», ma i fatti, ai quali si rivela impermeabile, dimostrano esattamente il contrario. Israele, col suo attacco, ha paralizzato la capacità di Teheran di produrre la classe di missili balistici che Khamenei ha utilizzato per attaccare lo Stato ebraico. 

Secondo quanto riportato dall’Institute for the Study of War, sono stati colpiti anche importanti nodi della difesa aerea, come l’aeroporto internazionale Khomeini alla periferia di Teheran, e dell’approvvigionamento energetico, ossia la raffineria di petrolio di Abadan nell’Iran sud-occidentale. 

Gli attacchi aerei delle IDF sono, con tutta probabilità, l’inizio di quel conflitto diretto con Teheran che, secondo Orsini, porterebbe alla distruzione di Israele. Per sostenere questa tesi sgangherata, lo studioso più amato dalle «madri di Mariupol’ e Gaza», adduce una serie di ragioni capziose e mendaci, prima fra tutte la ridotta estensione territoriale di Israele, contrapposta a quella dell’Iran. Si tratta di un falso problema, dato che il «territorio estesissimo» della Repubblica islamica non la mette al sicuro dalle incursioni israeliane. 

Poi, chiama in causa la ridotta popolazione dello Stato ebraico e la fragilità della sua economia. Orsini dimentica che poter attingere da un ampio bacino di «materiale umano» per farne carne da cannone, in puro stile russo, non aiuta a vincere le guerre, come dimostrano le vicende ucraine, con Putin ormai costretto a ricorrere alla carne da cannone nordcoreana, avendo quasi esaurito quella di produzione propria. Se poi, si deve parlare di fragilità economica, l’Iran versa in condizioni terrificanti. I Pasdaran hanno saccheggiato le risorse della nazione, la cui popolazione versa in pessime condizioni materiali. La Repubblica islamica si regge quasi esclusivamente sui proventi del petrolio e sul traffico di droga. 

Prosegue elencando le «pochissime risorse» e la presunta inefficienza di Iron Dome (che in realtà ha funzionato benissimo, come si è visto). Teheran, senza dubbio, possiede maggiori risorse naturali di Israele, ma le infrastrutture che ne consentono lo sfruttamento sono vulnerabili, per non parlare della mancanza di know-how tecnologico. Infine, avanza la seguente ragione: «una parte della sua popolazione è in rivolta permanente». Orsini sembra stia parlando dell’Iran, non di Israele. Le contestazioni che avvengono in seno allo Stato ebraico non sono paragonabili, per pericolosità, alla dissidenza iraniana, che spesso collabora col Mossad, o al separatismo azero nell’Iran settentrionale. 

La Repubblica islamica, a differenza del nostro scribacchino, sa di non poter vincere in uno scontro diretto, «uno a uno», con Israele, soprattutto ora che le azioni israeliane hanno disarticolato Hamas ed Hezbollah, e aperto un’autostrada aerea da Tel Aviv a Teheran, attraverso l’Iraq e la Siria, distruggendo i sistemi di difesa aerea, i siti di allerta radar e le milizie sciite lungo tutto il corridoio. 

Orsini si rivela, una volta di più, grossolano e superficiale. Le sue «analisi», se così possono essere definite, non hanno alcun ancoraggio con la realtà e, di conseguenza, le previsioni da lui elaborate vengono puntualmente sconfessate dagli eventi. Parafrasando il finale del suo articolo: «L’idea che Orsini è uno studioso affidabile e imparziale è vera come l’idea che l’Iran è più forte di Israele». 

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