Centottanta missili balistici lanciati dall’Iran contro Israele dopo l’attacco del 13 aprile scorso. La maggioranza dei missili sono stati intercettati anche con l’aiuto minimo degli Stati Uniti e della Giordania.
La risposta di Israele non si farà attendere. Gli Stati Uniti cercheranno di neutralizzarla ma senza successo. In questo momento, dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah e a seguito della spettacolare offensiva contro Hezbollah, Israele ha il vento in poppa. Non approfittare di questo momento unico per assestare all’Iran un colpo forte, sarebbe, per citare Joseph Fouché, peggio di un crimine, un errore.
L’Iran non è in grado di affrontare una guerra diretta con Israele, per evidente inferiorità tecnologica e militare, ma nonostante ciò ha prevalso sulla prudenza il riflesso pavloviano, il furore ideologico, ovvero il calcolo sbagliato.
Prima del cinque di novembre, Netanyahu si trova nella necessità di avere a suo vantaggio e a vantaggio del paese, risultati irreversibili da mostrare all’alleato principale, non può rischiare che nello Studio Ovale si sieda Kamala Harris al posto di Donald Trump.