Lettere al giornale

La difesa d’ufficio di Amnesty International

Da Emanuel Segre Amar, presidente del Gruppo Sionistico Piemontese, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

A seguito delle sconcertanti affermazioni di Francesca Albanese, relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani dell’Onu sulla situazione nei territori palestinesi occupati, il senatore Giulio Terzi, ex ministro degli Esteri, ha inviato una lettera all’attuale ministro degli Esteri Antonio Tajani per chiedere una presa di posizione sulla Albanese. Successivamente, Amnesty International ha inviato a La Repubblica una lettera in difesa della Albanese firmata da politici, parlamentari, e da una serie di associazioni.

Amnesty International, ormai da anni si è distinta per una sua forte pregiudiziale anti-israeliana arrivando a confezionare l’anno scorso un rapporto in cui lo Stato ebraico è accusato di praticare l’apartheid e di essere di fatto, se non il peggiore, uno dei peggiori Stati al mondo, sicuramente il peggiore in Medio Oriente. Non meraviglia dunque che la ONG sia intervenuta in difesa della Albanese, solerte megafono della più vieta propaganda antisionista.

I firmatari della lettera così esordiscono: “in quanto soggetti che sostengono i diritti umani”, ma, né oggi, né in passato, ho letto da parte loro condanne doverose delle uccisioni indiscriminate di civili israeliani commesse da terroristi palestinesi (descritti da Francesca Albanese come “militanti”), o dei missili lanciati da Gaza e dal Libano su obiettivi non militari come scuole, ospedali, abitazioni private.

Coloro che hanno firmato l’appello, purtroppo non pochi, sebbene si tratti nella maggior parte dei casi dei soliti noti collocabili nell’area della sinistra radicale, parlano di “accuse false e fuorvianti”, sproloquiando di “diffamazione ad personam”, senza però fornire delucidazioni o prove in merito alla suddetta “diffamazione ad personam”. Credono, forse, che basti l’impiego del latinorum di manzoniana memoria a dare forza e verità alle loro affermazioni?

I sottoscrittori ci tengono a sottolineare che “la dottoressa Albanese è una giurista di professione”. L’ormai celebre rapporteur è certamente una laureata in diritto, formatasi peraltro all’Institute for the Study of International Migration, ma in seguito ha lavorato a lungo nell’UNRWA, un impiego che l’ha proiettata verso l’attuale incarico, ma questo non ne fa una “giurista di professione”. Sappiamo bene, inoltre, come l’UNRWA non possa essere definito come “ente imparziale”, per cui appare difficile accettare questa etichetta per Francesca Albanese, come se si trattasse di una giurista imparziale, interessata solo al diritto e non al ruolo politico che il suo incarico le conferisce.

La Albanese vanterebbe un vasto “curriculum scientifico”, ma possiamo dire, con cognizione di causa e senza timore di smentite, che presenta gravi lacune quando affronta il tema che dovrebbe pur essere di sua stretta competenza. Viene anche spontaneo chiedersi: quale pubblicazione scientifica le ha suggerito l’esistenza di una “lobby ebraica” che controllerebbe gli Stati Uniti d’America? Ricordiamo, tra le altre cose, che il Simon Wiesenthal Center l’ha definita “un’enciclopedia ambulante anti-israeliana”. Il “curriculum scientifico” della Albanese è paragonabile a quello di studiosi che hanno dedicato la loro vita al problema del Medio Oriente e che non condividono le sue tesi?

I volenterosi difensori di questa novella lady Palestina dimenticano che la cosiddetta “annessione di Gerusalemme e della Palestina” non è  “proibita dal diritto internazionale”, come sostengono, giacché è avvenuta, una prima volta, in seguito a una guerra di difesa, e, per quanto concerne la seconda, di fatto, non è avvenuta (tranne che per una buona parte del Golan, ma anche questa dopo una guerra di difesa).

La Striscia di Gaza non è, checché ne dicano i filopalestinesi, un “territorio occupato”; mentre la Cisgiordania è gestita in totale osservanza degli Accordi di Oslo, cosa che i firmatari hanno evidentemente dimenticato – forse perché Arafat quasi li “disconobbe” subito dopo averli firmati?

I firmatari ritornano su un caso esemplare degli ultimi anni, intorno al quale si è scatenata la propaganda palestinese, ovvero “l’espulsione dalle loro case a Sheikh Jarrah”. Ma si dimenticano di riferire che questo caso si è sviluppato sotto l’attento controllo della Corte Suprema Israeliana che, come ben sappiamo, è estremamente attenta a difendere tutti i diritti, anche quelli dei palestinesi.

Nella miglior tradizione dell’antisionismo, accusano Israele di commettere “crimini di guerra”, peraltro non specificati. Anche in questo caso, come in quello della “diffamazione ad personam”, si rimane nel vago. Così come nulla si può dire circa “le pratiche di Israele nel territorio palestinese occupato”, dal momento che ai firmatari è sfuggito di elencarle. Affetti da una qualche superstizione primitiva, da una forma di pensiero magico, sembrano credere che basti “dire” un fatto affinché questo diventi “vero”. Per concludere: la posizione dell’attuale governo italiano è in contrasto con quella dei governi precedenti relativamente allo status della “Cisgiordania, di Gerusalemme est e di Gaza”, e si presume che presto verranno compiuti anche atti formali in tal senso. Bisogna dare il tempo al governo di affrontare gli enormi problemi irrisolti da decenni che si è trovato davanti.
Inoltre, giova ricordarlo, se, come scrivono nella loro lettera, “ministro israeliano è noto per le sue posizioni omofobe”, questo non significa che l’omofobia sia una bandiera del governo israeliano; appare, al contrario, piuttosto strano che i firmatari non dicano nulla dicano su ciò che di terribile accade quotidianamente agli omosessuali palestinesi, sempre desiderosi di riparare in Israele, lontani dai loro carnefici islamisti dai quali vengono regolarmente uccisi.

Allo stesso modo il “diritto ad esistere (dei palestinesi) come gruppo nazionale” non è stato ancora mai contestato da alcun governo diretto da Netanyahu, e quindi anche questa dichiarazione è falsa.

L’apice del grottesco lo si raggiunge con la seguente dichiarazione: “obiettività non significa rimanere neutrali”, peccato che l’ONU e i suoi alti dirigenti non siano mai stati “obiettivi” ma solo “militanti”.

Questa galoppata attraverso la menzogna si conclude così: “questo atteggiamento denota oltretutto un certo analfabetismo istituzionale, visto che gli esperti e le esperte indipendenti ONU sono, per definizione, protetti da pressioni di qualsiasi governo, incluso ovviamente il governo del proprio stato”. Purtroppo, infatti, nessuno riesce a far capire ai funzionari ONU che l’UNRWA (nella quale, ribadiamolo, ha a lungo lavorato Francesca Albanese), ha sempre fatto finta di non vedere ciò che succede nelle scuole e negli ospedali di Gaza, così come il contingente militare posizionato al confine tra Israele e Libano, in gran parte italiano e non di rado sotto comando italiano, posizionato da oltre 20 anni in quella zona, non si è mai accorto dei missili (almeno 150.000) che Hezbollah ha portato nella zona di confine, che avrebbe dovuto restare smilitarizzata, per usarli contro le zone civili, e, in prospettiva, forse, per un attacco concentrico, così come auspicato dagli ayatollah iraniani.

Tanto altro ancora si potrebbe dire sugli errori e le falsità contenute nella lettera-appello, ma immagino che vista la vostra attenzione all’operato di Francesca Albanese e a quanto avete già scritto in merito, lo farete voi egregiamente.

 

 

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