Per capire come la politica possa usurpare il diritto, è indispensabile studiare il caso dell’OLP e dei “territori palestinesi occupati”. Si tratta di un caso da manuale a dimostrazione di come i fatti, la storia e il diritto vengano capovolti e riscritti per alterare la percezione dei fatti reali nell’opinione pubblica.
In questo modo, oggi, vi è la convinzione maggioritaria in base a quanto viene affermato dai mass media e dai politici, che esista uno Stato palestinese “occupato” da Israele. Si tratta di un dato ormai acquisito anche se nessuno è in grado di fornire i dettagli dei confini dello Stato palestinese, della sua capitale, di un suo presidente o di un primo ministro o anche di un despota che lo abbia governato. Si sente parlare confusamente di “confini del ‘67”, di “territori palestinesi occupati” (tesi in voga anche all’ONU e nella UE) o di “Gerusalemme capitale di due Stati”.
In estrema sintesi ripercorreremo alcune tappe storiche e fattuali per comprendere come si è giunti alla convinzione che esista uno “Stato di Palestina occupato da Israele”.
Come punto di partenza si farà riferimento alla fine del Mandato per la Palestina del 1922 e la nascita di Israele nel 1948. Il Mandato per la Palestina era stato istituito dalla comunità internazionale al fine di creare uno Stato per il popolo ebraico. In modo da evitare una guerra civile, nel 1947 l’ONU aveva suggerito di dividere il territorio già assegnato agli ebrei, per creare uno Stato ebraico e uno arabo. Questa proposta venne rifiutata dagli arabi che diedero vita alla guerra con il pieno sostegno di 5 Stati arabi che invasero il nascente Stato di Israele. Il risultato della guerra di indipendenza di Israele fu che i territori di Giudea e Samaria furono conquistati dalla Giordania e il territorio della Striscia di Gaza dall’Egitto. Nel 1950 la Giordania, poi, si annesse i territori occupati assieme alla parte est di Gerusalemme. Questa situazione si protrasse fino al 1967.
Durante questi anni non esisteva ancora un popolo palestinese ma abitanti arabo-palestinesi cioè popolazioni arabe che risiedevano nel territorio mandatario di Palestina. Nulla li distingueva dagli abitanti arabi di Giordania, Libano, Siria o Egitto. Dopo l’annessione giordana, a tutti gli arabi di Giudea e Samaria venne concessa la cittadinanza giordana. Fin dal 1949 iniziarono attacchi terroristici contro la popolazione civile israeliana. Tra le varie organizzazioni terroristiche arabo-palestinesi quella che catalizzò il maggiore successo e presa sulla popolazione araba fu l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Nata nel 1964 si dotò di un comitato centrale e di un proprio statuto. La cosa interessante dello statuto è che in esso si dichiarava di non volere esercitare alcuna sovranità territoriale sulla West Bank (in nome dato ai giordani a Giudea e Samaria dopo la loro occupazione) e sulla Striscia di Gaza, mentre si dichiarava la volontà di distruggere Israele.
Appare evidente che nel 1964 agli arabi-palestinesi non interessava la costituzione di un proprio Stato indipendente ma piuttosto la distruzione di un altro Stato. La rinuncia alla sovranità del territorio in “mano Araba” e la relativa rinuncia a contrastarne l’occupazione si accompagnava all’analogo atteggiamento della comunità internazionale che non denunciò mai formalmente l’occupazione giordana e egiziana dei “territori palestinesi”. Le cose cambiarono radicalmente dopo il 1967.
A conclusione della guerra dei Sei giorni, Israele riuscì a riprendersi i territori di Giudea, Samaria e Gaza che il diritto internazionale, fin dal 1922, aveva assegnato al popolo ebraico. La cattura da parte di Israele dei territori portò a un cambiamento epocale nella percezione internazionale di Israele. Soprattutto in virtù della propaganda sovietica, lo Stato ebraico iniziò a essere dipinto come uno Stato “imperialista” e “colonialista”. Il cambiamento di paradigma si rese palese nel nuovo statuto dell’OLP, all’interno del quale sono numerosi i riferimenti “all’entità sionista imperialista”, mentre sparisce l’articolo relativo alla rinuncia alla sovranità nella West Bank e a Gaza (ex Art. 24).
Grazie alla macchina propagandistica sovietica l’OLP e il suo leader Arafat iniziarono a diventare nella percezione internazionale un movimento di liberazione nazionale (di tutta la “Palestina”). Ciò avvenne attraverso un formidabile strumento politico: l’Assemblea Generale dell’ONU. In quella sede, nel 1970 venne sancito il riconoscimento di un “popolo palestinese” distinto dalle altre popolazioni arabe pur non avendo nulla (lingua, cultura, tradizioni proprie ecc,) che li distinguesse dagli altri. Il passo successivo fu l’approvazione della Risoluzione 3236 del novembre 1974 nella quale, tra le varie cose, si affermavano gli inalienabili diritti del popolo palestinese alla sovranità sulla Palestina.
Non essendo descritti i confini di questa entità statale per gli arabi e i loro sostenitori si trattava di tutto il territorio mandatario, quindi di un superamento della Risoluzione 181 del 1947 con la quale si proponeva di spartire il Mandato di Palestina. Ormai per Israele non c’era più posto. In virtù delle pressioni arabe, soprattutto tramite l’arma del ricatto petrolifero, anche in Occidente l’OLP iniziò ad avere maggiori sostenitori mentre Israele veniva percepito sempre più come “un fastidio” che poteva anche essere sacrificato. Iniziò così dopo il 1973 una potente campagna di delegittimazione dello Stato ebraico che perdura a oggi. Essa ha assunto due forme principali: l’ accusa di “occupazione illegale” e di “costruzione illegale di insediamenti ebraici”. Va subito precisato che le due accuse non sono corroborate da nessuna reale violazione del diritto internazionale ma sono di mera natura politica. Da esse, nel corso degli anni, ne sono progressivamente discese a cascata: crimini di guerra, crimini contro l’umanità e apartheid. Anche queste, come le prime, totalmente destituite di fondamento. Contestualmente l’organizzazione terroristica OLP, tramite l’Assemblea Generale, si trasformava in un rispettabile attore politico. Nel 1974 diventava ufficialmente il riconosciuto rappresentante del popolo palestinese. Sempre nel 1974 le veniva riconosciuto lo status di osservatore all’ONU con il quale poteva partecipare alle assemblea annuali dell’organizzazione.
Un enorme salto di qualità ci fu nel 1988 quando l’OLP con la propria “Dichiarazione di Algeri” proclamò la nascita dello “Stato di Palestina”, che ovviamente sostituiva quello ebraico. Fu un atto ben accolto dalla comunità internazionale. Il 15 dicembre 1988 l’Assemblea Generale con la Risoluzione 43/177 riconosceva la dichiarazione di indipendenza dello “Stato di Palestina” con ben 104 voti favorevoli. Contestualmente a questa votazione, il Segretario di Stato USA, George Shultz, rilasciava un’intervista al New York Times nella quale dichiarava per la prima volta che gli USA avrebbero aperto un “canale diplomatico” con l’OLP. Si trattò di fatto del riconoscimento USA nei confronti dell’organizzazione terroristica quale unico rappresentante del popolo palestinese e che aprì la strada agli Accordi di Oslo del 1993-95, nei quali si sempre e solo fatto riferimento a un accordo tra le parti e mai ad atti unilaterali. Il passo successivo fu la creazione dell’Autorità Palestinese creata dagli Accordi per amministrare il territorio di Giudea, Samaria e Gaza dove vive la popolazione palestinese.
Una conseguenza di queste aperture, sfociate negli Accordi di Oslo, fu una diversa percezione del contenzioso tra arabi ed ebrei. Quel potente strumento politico che è l’ONU, tramite le sue numerose agenzie, iniziò ad accusare Israele non più di “occupazione illegale di territori arabi” ma bensì di “occupazione illegale di territori palestinesi”, definizione, prontamente, ripresa anche dalla UE. Avvenne dunque per la prima volta nella storia che uno Stato mai esistito diventava occupato e veniva ammesso all’Assemblea Generale dell’ONU come “Stato non membro osservatore” (29 novembre 2012 Ris. 67/19). E’ superfluo aggiungere che non sussistono le minime basi legali né per la definizione di “territori palestinesi occupati” né per potere ammettere un non-Stato all’ONU. Ma la politica può arrivare dove il diritto si ferma.
In questo modo il principio universalmente accettato di accordo tra le parti è stato soppiantato da azioni politiche unilaterali, favorite dall’Assemblea Generale dell’ONU, che nulla hanno a che vedere con il diritto. Tutto ciò ha portato a un irrigidimento della posizione palestinese la quale ha cessato di trattare ponendo delle precondizioni negoziali che di fatto rendono impossibile ogni ulteriore accordo. Inevitabilmente l’opinione pubblica è stata ingannata e portata a considerare Israele come la parte illegittima e conquistatrice.
Come conseguenza di tutto ciò, oggi l’opinione pubblica, nella sua grande maggioranza, crede che sia esistito uno Stato palestinese e che questo sia “occupato illegalmente” da Israele. Diventa perciò ancor più importante conoscere i fatti, la storia e usare con precisione i termini per capire quando essi vengono usati fraudolentemente.
Questo articolo è stato pubblicato su Informazione Corretta
https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=89235