Nel ventitreesimo anniversario degli attacchi terroristici islamici alle Twin Towers pubblichiamo un estratto del libro di Matthias Küntzel, Il jihad e l’odio contro gli ebrei: L’islamismo, il nazismo e le radici dell‘11 settembre, Salomone Belforte Editore, a cura di Niram Ferretti e Angelita La Spada.
L’idea di utilizzare i piloti suicidi per radere al suolo i grattacieli di Manhattan ha avuto origine a Berlino. “Nelle ultime fasi della guerra, non ho mai visto Hitler così fuori di sé, come quando, delirante, descriveva a se stesso e a noi New York crollare tra le fiamme”, scriveva l’architetto Albert Speer nei suoi diari. “Egli [Hitler] ha descritto i grattacieli trasformati in colossali torce fiammeggianti che si abbattono l’uno sull’altro e il riflesso nel cielo scuro della città che si disintegra”.[1]
Non solo la fantasia di Hitler, ma anche il suo piano per realizzarla ricorda quello che accadde nel 2001: l’idea era che i piloti kamikaze pilotassero velivoli leggeri carichi di esplosivi, privi di carrello di atterraggio, contro i grattacieli di Manhattan. Di fatto esistono i disegni di un progetto “Amerikabomber” con motore Daimler-Benz risalenti alla primavera del 1944. Questi disegni raffigurano enormi aerei quadrimotori che trasportano nel loro ventre dei piccoli bombardieri. Poco prima dell’arrivo sulla costa orientale l’aereo da trasporto avrebbe sganciato questi bombardieri per poi tornare in Europa.[2]
L’estasi in cui Hitler era precipitato immaginando Manhattan in fiamme indica il motivo che si cela dietro questa fantasia. Hitler non desiderava semplicemente combattere un avversario militare. Voleva uccidere gli ebrei per liberare l’umanità. Posseduto dall’idea che tutta la Seconda guerra mondiale fosse una lotta contro un immaginario potere ebraico, il Führer considerava gli Stati Uniti “uno Stato ebraico” e New York come il centro dell’ebraismo mondiale.[3] “Wall Street”, come la descrive un best-seller dell’era della Repubblica di Weimar, “è, per così dire, il quartier generale militare di Giuda. Da lì i suoi fili si irradiano in tutto il mondo”.[4] Dal 1941, Hitler aveva fatto pressioni affinché i bombardieri fossero messi in produzione, al fine di “riuscire a dare agli ebrei una lezione sotto forma di attacchi terroristici alle metropoli americane”. Verso la fine della guerra, questa idea divenne un’ossessione.
Sessant’anni dopo, il vero attacco al World Trade Center fu coordinato dalla Germania. Mohamed Atta, il 31enne egiziano che pilotava il Boeing con a bordo 82 passeggeri e 11 membri dell’equipaggio e che si schiantò contro l’81° piano della Torre Nord del World Trade Center, aveva vissuto in Germania dal 1992. Il 21enne Marwan al-Shehhi degli Emirati Arabi Uniti, che pilotava un aereo con a bordo 56 passeggeri e 9 membri dell’equipaggio e che si schiantò contro la Torre Sud, aveva vissuto in Germania dal 1996, così come aveva 24 anni il libanese Ziad Jarrah che fece schiantare un Boeing con a bordo 37 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio in un prato nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania. Con Ramzi Binalshibh e Mounir el-Motassadeq, essi avevano formato una cellula di al-Qaeda ad Amburgo dove tenevano regolari riunioni con i simpatizzanti della cosiddetta “cerchia del Corano”. Quali idee spinsero Atta e i suoi amici ad agire? Una risposta è stata fornita dalle testimonianze rese al primo processo mondiale legato agli attentati dell’11 settembre, quello a Motassadeq, tenutosi ad Amburgo tra l’ottobre del 2002 e il febbraio del 2003. Secondo Shahid Nickels, uno dei partecipanti alle riunioni della “cerchia del Corano”, “essi credevano in un complotto ebraico mondiale”.
A loro dire, “la Seconda guerra mondiale era stata architettata dagli ebrei in modo da poter creare Israele”. Il presidente della Banca Mondiale era un ebreo, gli ebrei orchestrarono la crisi economica in Asia e “Monica Lewinsky era stata mandata dagli ebrei per rendere ridicolo Clinton”. Si era discusso a lungo di New York, dichiarò Nickels, “perché molti ebrei vivevano lì. (…) Consideravano quella città come il centro dell’ebraismo mondiale”. I coinquilini di Motassadeq confermarono questo quadro. Motassadeq aveva difeso la politica di Hitler e lo entusiasmava l’idea di una “grande azione” imminente: “Gli ebrei bruceranno e alla fine noi balleremo sulle loro tombe”.[5] Non si riesce a intravedere un’eco dell’estasi di Hitler nella trepidante attesa della visione degli “ebrei che bruciano”? Nonostante tutte le differenze esistenti fra i volontari di Osama bin Laden e la Luftwaffe di Adolf Hitler, essi ovviamente hanno un tratto comune: l’antisemitismo.
Fa una grande differenza, tuttavia, se le idee la cui logica conclusione era l’Olocausto erano state adottate prima o dopo l’uccisione di sei milioni di ebrei. Gli studenti musulmani di Amburgo sapevano cosa stavano dicendo e lo dicevano sul serio. Incredibilmente, i media americani non prestarono quasi alcun attenzione a questa evidenza. Si fosse trattato del processo contro un membro del Ku Klux Klan o contro qualcuno proveniente dall’estrema destra, come Timothy McVeigh, l’attentatore di Oklahoma City,[6] le notizie riguardanti l’antisemitismo di stampa nazista sarebbero probabilmente finite in prima pagina. Ma in questo processo, in cui gli attentatori provenivano da un contesto arabo, i media internazionali sembravano trovare la questione irrilevante: nessuna della maggiori testate giornalistiche ne parlò.
Inoltre, questo antisemitismo non era soltanto una peculiarità della cellula di Amburgo, ma fu condiviso dallo stesso Osama bin Laden. Come dichiarò nel 1998 il leader di al-Qaeda: “L’inimicizia tra noi e gli ebrei risale a molto tempo fa ed è profondamente radicata. Non c’è dubbio che la guerra tra noi sia inevitabile. (…) L’Ora della Resurrezione non deve arrivare prima che i musulmani combattano gli ebrei”. A suo avviso, l’America era controllata dagli ebrei. Riferendosi all’amministrazione Clinton, egli dichiara: “Riteniamo che questa Amministrazione rappresenti Israele in America. (…) Gli ebrei (…) utilizzano l’America per promuovere i loro piani per il mondo, in particolare il mondo islamico”.[7]
Eppure, perfino il Rapporto della Commissione sull’11 settembre, redatto dalla Commissione nazionale sugli attacchi terroristici agli Stati Uniti e illustrato all’opinione pubblica dal repubblicano Thomas H. Kean e dal suo collega democratico Lee H. Hamilton, nel luglio del 2004, non fa menzione dell’antisemitismo di bin Laden. Nelle sue 854 pagine, il documento spiega lucidamente cosa è successo e quando, e con le sue 1.800 note a piè pagina è un modello di rigore e chiarezza. Tuttavia, è lacunoso in due ambiti. Il primo riguarda la storia dell’islamismo, che ebbe origine nel 1928 e generò al-Qaeda. L’intero periodo antecedente al 1945 viene liquidato in cinque righe. Il secondo aspetto è di natura ideologica. Se il capitolo riguardante la cellula di Amburgo menziona l’odio contro gli ebrei nutrito da Atta,[8] la parola antisemitismo non appare affatto nella sezione dedicata alla “visione di bin Laden”. Ciò è ancor più sorprendente in quanto la Commissione cita documenti in cui bin Laden dà espressione in modo chiaro al suo antisemitismo. Uno di questi esempi è la sua “Lettera al popolo americano” del novembre 2002, che il report cita ripetutamente. In questa lettera aperta, il leader di al-Qaeda avverte che “gli ebrei hanno assunto il controllo dei vostri media e ora controllano ogni aspetto della vostra vita, rendendovi loro servi e raggiungendo i loro obiettivi a vostre spese”. “La vostra legge è la legge delle persone ricche e benestanti”, egli continua. “Dietro di loro stanno gli ebrei che controllano le vostre politiche, i media e l’economia.”[9] Ma gli autori del report non sono riusciti a comprendere il significato di queste parole e dell’ideologia antisemita che si cela dietro di esse.
Con la loro negligenza, hanno involontariamente confermato il verdetto di David Gelernter, un docente di informatica di Yale, che in un suo articolo dell’ottobre del 2001 sull’odio nutrito da bin Laden nei confronti degli ebrei scriveva così: “Gli americani non lo capiscono: odio puro e immotivato contro gli ebrei? Odio puro, per principio? I tedeschi lo capiscono molto bene: tale odio e illogico e incomprensibile. Ma esiste”.[10]
Infatti. Il mio libro dimostra che al-Qaeda e gli altri gruppi islamisti sono guidati da un’ideologia antisemita che è stata trasferita al mondo islamico nel periodo nazista. Il volume mostra che la visione paranoide dei nazisti e la “realtà immaginaria” che guidò le loro azioni dominano le menti dei terroristi islamisti e determinano le loro politiche odierne,[11] e trae conclusioni sull’attuale scontro globale.
Note
[1] Cfr. Albert Speer, Spandauer Tagebücher (Frankfurt am Main: Propyläen, 1975), pp. 126 e seguenti. La citazione è tratta dall’annotazione del 18 novembre 1947.
[2] Riguardo all’Amerikabomber, cfr. Jochen Thies, “Bomben auf Manhattan,” Die Zeit, September 17, 2001; Dieter Wulf, “Die Stunde der Selbstmörder,” Süddeutsche Zeitung, October 8, 2002; John K. Cooley, “Meanwhile: Hitler also plotted to bomb New York,” International Herald Tribune, October 24, 2003.
[3] “Si possono davvero descrivere gli Stati Uniti d’America come uno Stato ebraico”, scriveva Goebbels nell’aprile del 1943. Citato in Jeffrey Herf, The Jewish Enemy: Nazi Propaganda During World War II and the Holocaust (Cambridge, MA: Harvard Univ. Press 2006), p. 203.
[4] Cfr. Wilhelm Meister, Judas Schuldbuch: Eine deutsche Abrechnung (Munich: Deutscher Volksverlag, 1919), p. 168.
[5] Cfr. Christian Eggers, “‘Die Juden werden brennen’: Die antisemitischen Wahnvorstellungen der Hamburger Al Qaida-Zelle um Mohammed Atta,” in Matthias Küntzel, Islamischer Antisemitismus und deutsche Politik: “Heimliches Einverständnis”? (Münster: LIT-Verlag, 2007), p. 163.
[6] Timothy McVeigh era stato il primo autore del più devastante attentato terroristico perpetrato negli Stati Uniti fino ad allora: il 19 aprile 1995, fece saltare in aria un edificio governativo a Oklahoma City, uccidendo 168 persone.
[7] Da una intervista a Osama bin Laden, rilasciata a John Miller per Frontline, PBS, nel maggio 1998.
[8] Cfr. National Commission on Terrorist Attacks, The 9/11 Commission Report: Final Report of the National Commission on Terrorist Attacks upon the United States (New York: W. W. Norton, 2004), p. 161: “Nelle sue interazioni con altri studenti, Atta ha espresso in maniera virulenta opinioni antisemite e antiamericane, che andavano dalle condanne di ciò che definiva come un movimento ebraico globale centrato a New York che presumibilmente controllava il mondo finanziario e i media, fino alle polemiche contro i governi del mondo arabo. (…) Come Atta, alla fine degli anni Novanta, Binalshibh deplorava quella che riteneva fosse una “cospirazione mondiale ebraica”. Ivi, p. 165: “Uno dei coinquilini di Motassadeq ricorda che parlava di Hitler come un ‘uomo buono’”.
[9] “Bin Laden’s ‘Letter to America’,” The Observer (UK), November 24, 2002. La lettera è citata nel Rapporto della Commissione sull’11 settembre, p. 51.
[10] Cfr. David Gelernter, “Warum Amerika? Bin Ladins Haß ist Judenhaß,” Frankfurter Allgemeine Zeitung, October 27, 2001.
[11] Per il concetto di realtà immaginaria, cfr. Joel Fishman, “The Big Lie and the Media War Against Israel: From Inversion of the Truth to Inversion of Reality,” Jewish Political Studies Review 19, nos. 1-2 (Spring 2007), pp. 59-81