Sui passaporti italiani la città di residenza degli abitanti della capitale di Israele è indicata con un tragicomico “Jerusalem (ZZZ)”. Gerusalemme non è quindi considerata città facente parte di Israele, pur essendone la capitale, ma identificata con una tripla Z che ricorda tanto i sonnellini onomatopeici dei fumetti. Formalmente, è come se l’Italia non riconoscesse Gerusalemme come parte integrante di Israele. Per Roma, quindi, non è la capitale unica e indivisibile dello Stato ebraico.
Un modo per lavarsene le mani, non offendere gli arabi e non entrare a gamba tesa sui delicati equilibri mediorientali, pur negando decisamente la realtà a scapito di una delle parti in causa: per l’appunto Israele.
Una prima conseguenza è che il Ministero degli Affari Esteri, così come tutti gli uffici statali italiani, non consideri Gerusalemme in Israele. Burocrazia e diplomazia si regolano di conseguenza.
Questa prassi, che in realtà è una vera e propria aberrazione informatica, non è stata interrotta neppure dall’attuale governo in carica, che ha pensato bene di inviare le lettere agli italiani all’estero riservando ai residenti di Gerusalemme una bella sorpresa: sulla busta, infatti, la capitale israeliana è considerata città palestinese. Tra parentesi non appare la tripla z ma proprio “Palestina”.
Tale lettera, inviata dal governo, altro non è che il contestato messaggio che, oltre ad informare sulla possibilità di votare per il referendum, svolge propaganda evidente per il Sì. Qualcuno, per questo motivo, l’ha definita illegale. In realtà così non è, anche se si può senz’altro definire inopportuna nei contenuti.
Quel che è certo è che tanti italiani residenti a Gerusalemme, consapevoli di trovarsi in Israele, potrebbero non gradire la dicitura “Palestina” sulla busta. Una gaffe del governo che, pur avendo rispettato i dogmi burocratici e diplomatici italiani, potrebbe addirittura perdere qualche Sì in vista del 4 dicembre. Almeno da Gerusalemme, capitale di Israele.