Israele e Medio Oriente

Decostruire il mito palestinese – Le mappe false

Il detto recita che un’immagine vale più di mille parole. In questo articolo declineremo tale adagio nella versione tipicamente palestinese: una bugia vale più di mille parole.

Una delle creazioni più semplici ed efficaci della propaganda palestinista è senza dubbio rappresentata da una serie di quattro mappe storiche posizionate in ordine cronologico il cui titolo è “palestinian loss of land” (perdita di terra palestinese). Hanno avuto grande successo (campus americani, università europee, media, ecc.), per la loro immediatezza e facilità di lettura, soprattutto tra chi non è molto informato circa la questione arabo-israeliana. E’ capitato persino di vederle stampate su cartelloni pubblicitari in 50 stazioni della rete ferroviaria suburbana di New York, il tutto a spese di un’associazione “pacifista” (in realtà pesantemente anti-israeliana). Lo scopo di tali immagini consiste nel mostrare l’espansionismo israeliano ai danni dei palestinesi. Ma queste mappe sono una presa in giro, una vera e propria truffa, sia singolarmente che nell’insieme. Vale la pena di esaminarle per almeno due ragioni: comprendere la disonestà del messaggio e, quindi, imparare qualcosa di più sulla cosiddetta “causa palestinese”, i suoi metodi e i suoi sostenitori.

Queste riprodotte qui di seguito sono le più diffuse.

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In generale, prendendo in considerazione la sequenza cronologica, queste mappe rappresentano un imbroglio per almeno tre motivi.

1) Mancano tappe fondamentali che demolirebbero il messaggio propagandistico. Non sono infatti rappresentati graficamente tutti i ritiri effettuati da Israele negli anni, in seguito delle guerre di aggressione scatenate dai paesi arabi e subite dallo Stato Ebraico. Non compaiono i ritiri dal Sinai egiziano (1949, 1957, 1982), da porzioni della Siria (1974) e dal Libano (1949, 1978, 2000). Qualcuno potrebbe obiettare che i territori appena citati non sono mai appartenuti ai palestinesi (ma quali territori sono mai appartenuti ai palestinesi?), quindi non sono pertinenti. Eppure, quale nazione è così sciattamente espansionista da rinunciare più volte al Sinai (tre volte la superficie di Israele e in cui si trovano pozzi petroliferi) in cambio della sola promessa di una pace? Ovviamente mostrare la storia nella sua completezza mal si sposerebbe con la voluta mistificazione – mostrare Israele come un avido conquistatore di terre altrui.

2) Manca totalmente il contesto storico-politico. Per esempio la seconda mappa (piano di spartizione proposto dall’ONU nel 1947) non dice che venne rifiutato dagli Arabi ed accettato dagli Ebrei, non dice nemmeno che, non appena Israele dichiarò la propria Indipendenza (14 maggio 1948), cinque eserciti arabi (Egitto e le quattro nazioni arabe limitrofe nate grazie ai Mandati britannico e francese, Transgiordania, Iraq, Siria e Libano) invasero il neonato Stato Ebraico con l’intento di distruggerlo. E’ importante sapere se il passaggio da una mappa a quella successiva fu il frutto di una guerra di aggressione araba (come in effetti fu) oppure causato da un ipotetico espansionismo israeliano? Ovviamente sì: senza spiegazioni vengono completamente capovolte la realtà dei fatti e le responsabilità delle nazioni coinvolte.

3) Vengono accostate mappe “storiche” (in seguito, nella parte dedicata alle singole immagini, si vedrà come di storico ci sia ben poco) e “proposte” come il piano di spartizione dell’ONU (seconda mappa) che non rappresentano la situazione sul campo, né nel 1947 né in nessun altro momento. E’ credibile una cronologia “storica” che utilizza una proposta non vincolante (per di più rifiutata dalla stessa parte che vorrebbe ambire al ruolo di vittima della rappresentazione) che non si è mai concretizzata? Ovviamente no.

– Una considerazione sulla sequenza cronologica. Si provi per un momento a pensare ad una serie di mappe da mostrare ad una persona che non conosce la storia europea dello scorso secolo in cui, senza dare alcun tipo di informazione aggiuntiva, si vedono: una prima mappa con i confini della Germania nazista nel momento di massima espansione (1942), un paio di mappe intermedie ed una quarta mappa che mostri i confini della Germania a guerra finita (1945). Chi non proverebbe simpatia per il povero popolo tedesco che si è visto drasticamente ridotto il suo territorio? Ecco perché la sequenza cronologica nella sua interezza, priva di qualsiasi informazione del contesto storico-politico, rappresenta una vera e propria impostura.

Ma l’imbroglio più squallido sta in realtà nel falso messaggio contenuto in ogni singola mappa. L’inganno principale risiede nel definire “palestinian land” (terra palestinese) la parte colorata in verde. Cosa significa “terra palestinese”?

Sovranità palestinese? Assolutamente no. Non esisteva allora, mai era esistito prima e non esiste oggi uno “stato palestinese” che potesse esercitare sovranità territoriale.

Proprietà privata palestinese? Assolutamente no. La maggior parte dei terreni della Palestina-Eretz Israel dell’epoca era o terra demaniale (circa il 48%, definite “pubbliche o altro” nel report Village Statistics, 1945 pubblicato dall’UNSCOP) o possedute da latifondisti arabi che vivevano a Damasco (Siria) o Beirut (Libano). Ciò è confermato anche dal Muftì Amin al-Husseini in una famosa intervista per la Commissione Peel del 1937.

Terra abitata da Arabi palestinesi? Assolutamente no. Sappiamo da numerosi resoconti e documenti ufficiali quanto la Palestina-Eretz Israel fosse, tra il finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una terra in gran parte disabitata, specialmente il distretto meridionale corrispondente al deserto del Negev. Non manca inoltre una cospicua documentazione fotografica che mostra un territorio pressoché disabitato.

L’intervista rilasciata dal Muftì Amin al-Husseini, alleato di Hitler, è un documento storico di grande importanza perché conferma il fatto che gli Ebrei comprarono terreni*, centinaia di migliaia di dunam, dai proprietari arabi in maniera assolutamente legittima. Inoltre, conferma anche che molti Arabi in quegli anni emigrarono dai paesi circostanti verso la Palestina-Eretz Israel che, grazie agli inglesi e ai sionisti, diventò in breve tempo un luogo in cui vivere meglio, pagare meno tasse e ricevere un’istruzione migliore. Oggi i cognomi più diffusi tra gli Arabi palestinesi evidenziano ancora la loro provenienza: al-Masri (l’egiziano), al-Mughrabi (il maghrebino), Halabi (da Aleppo), Iraqi (dall’Iraq), ecc. Infine, per meglio comprendere, seppur in maniera molto sbrigativa, la situazione in essere durante il periodo del Mandato Britannico occorre ricordare i famigerati tre Libri Bianchi (1922, 1930 e 1939) emessi dal Governo di Sua Maestà. Se da un lato i britannici favorirono l’immigrazione araba, dall’altro fecero di tutto per impedire quella ebraica, arrivando addirittura, con il terzo Libro Bianco ed in concomitanza con l’inizio del massacro di sei milioni di ebrei europei, a limitare l’immigrazione in Palestina-Eretz Israel a soli 10.000 ebrei l’anno, per i successivi cinque anni.

*Daniel Pipes: Israele è stato comprato, non rubato

Esaminiamo ora le mappe una ad una:

1946 – All’epoca gli Arabi che vivevano in Palestina-Eretz Israel non si definivano palestinesi, ma “siriani del sud” o parte della “grande nazione araba”. Il termine Palestinese era usato quasi esclusivamente per indicare gli Ebrei e le loro istituzioni. Alcuni esempi: The Palestine Post (dal 1948 Jerusalem Post, quotidiano israeliano fondato nel 1932), l’Agenzia Ebraica (organo del movimento sionista) in origine si chiamava Agenzia Ebraica per la Palestina, l’Orchestra Sinfonica Palestinese fondata nel 1936 e composta da 70 Ebrei palestinesi diventerà l’Orchestra Filarmonica di Israele, ecc. Il colore verde inoltre, come spiegato in precedenza, non rappresenta alcuno stato, né sovranità o proprietà privata palestinese e nemmeno terre abitate da Arabi palestinesi. È una mappa falsa.

1947 – Il piano di spartizione proposto dall’ONU con la Risoluzione 181 fu una raccomandazione non vincolante (accettata dagli Ebrei, rifiutata dagli Arabi). Fu l’ultimo di una serie di tentativi proposti da commissioni internazionali per cercare di trovare un compromesso tra Ebrei ed Arabi. Al primo (1922) che consegnò agli Arabi il 77% del territorio della Palestina mandataria con la creazione della Transgiordania, ne seguirono altri (Commissione Peel 1937, Commissione Woodhead 1938, stato binazionale, stato federale) sempre rifiutati da parte araba in quanto riconoscevano rappresentanza politica agli Ebrei. Questa mappa, una proposta non vincolante mai realizzata, non ha nulla di storico. È una mappa ingannevole.

1949-1967 – In questo periodo, compreso tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni (entrambe furono guerre di aggressione arabe nei confronti di Israele), la striscia di Gaza, così come il distretto di Samaria e Giudea (West Bank), in origine destinate dal Mandato Britannico alla nazione ebraica, erano illegalmente occupate rispettivamente da Egitto e Giordania. Non esisteva uno stato palestinese. Lo Statuto dell’OLP nel 1964 precisava che l’organizzazione “non esercita alcuna sovranità territoriale sul West Bank nel Regno Hascemita di Giordania, sulla striscia di Gaza o sull’area di Himmah” (art. 24). È una mappa falsa.

2000 – Pur essendo piuttosto approssimativa, questa mappa rappresenta in verde quella che potrebbe essere definita “terra palestinese” (non perché esista uno stato, ma in quanto amministrata direttamente dall’ANP, in completa autonomia). Ma omette un piccolo dettaglio: questa terra è passata sotto il controllo dell’Autorità Palestinese in seguito agli Accordi di Oslo, quindi in seguito alla decisione del Governo israeliano di rinunciare a parte del territorio destinato alla nazione ebraica dal Mandato Britannico. Si tratta, di fatto, di una concessione del Governo di Gerusalemme, non di un’ulteriore fase dell’inesistente espansionismo israeliano. L’esatto contrario del messaggio che la mappa fornisce al lettore. È una mappa ingannevole.

– Vale la pena di far notare che se oggi, per la prima volta nella storia, esiste un territorio autonomo amministrato dagli Arabi palestinesi, ciò lo si deve esclusivamente allo Stato di Israele e agli Accordi di Oslo (accordi ad interim, stipulati tra Governo di Israele e OLP). Impero Ottomano, Regno Unito, Giordania, Egitto: nessuna di queste nazioni ha mai offerto agli Arabi palestinesi una forma di sovranità territoriale, nessun leader Arabo palestinese chiese mai una nazione palestinese. La prima richiesta in tal senso avvenne solo dopo la liberazione di Gaza, Giudea e Samaria dalle occupazioni di Egitto e Giordania e il loro ritorno sotto la sovranità israeliana. Inoltre, negli ultimi 16 anni, la leadership palestinese ha rifiutato due volte (Barak, 2000, Arafat; Olmert, 2008, Abu Mazen) uno stato palestinese.

Qui di seguito – detto che non ha molto senso fornire una sequenza di mappe senza spiegarne il contesto storico, politico e regionale – si propongono cinque mappe, le prime tre con le stesse date dell’esempio (ingannevole) riportato in alto, le ultime due per evidenziare i cambiamenti più recenti, con un approccio decisamente più onesto. Stabilire, con colori diversi, le proprietà private è impresa quasi impossibile (per la mancanza di tutti i dati e per lo scopo di questo articolo) e comunque irrilevante, ciò che conta è il controllo politico dell’area.

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1946 – Tutto il territorio della Palestina-Eretz Israele è sotto controllo Britannico, in virtù del Mandato per la Palestina il cui scopo era ricostituire la patria nazionale degli Ebrei. Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese. Non cambierebbe nulla se andassimo indietro nel tempo: durante il periodo ottomano l’intero territorio era sotto controllo dell’Impero Ottomano.

1947 – Non cambia nulla rispetto alla mappa precedente. Il controllo del territorio ricade ancora sotto il Regno Unito. Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese.

1949-1967 – Nel periodo compreso tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni il controllo del territorio è diviso in tre stati: Israele e le occupazioni illegali di Egitto (striscia di Gaza) e Giordania (Giudea e Samaria). Non esistono terre sotto controllo arabo palestinese.

1995 – In seguito agli Accordi di Oslo, per la prima volta nella storia, i palestinesi controllano una parte del territorio che secondo il Mandato per la Palestina appartiene alla nazione ebraica. Ci furono varie fasi successive agli Accordi, ma occorre ricordare che ogni metro quadrato di terra oggi sotto controllo degli Arabi palestinesi è frutto della disponibilità (nella speranza di ricevere in cambio una pacifica convivenza) del Governo israeliano. Si noti che gli Accordi di Oslo garantirono ai palestinesi autogoverno, non sovranità. Val la pena, a tal proposito, ricordare una dichiarazione di Yitzhak Rabin, rilasciata ai giornalisti presenti nel giorno della firma dell’accordo per il disimpegno israeliano dalla striscia di Gaza e dall’area di Gerico, il 4 maggio 1994: “In questa fase non voglio avere a che fare con soluzioni definitive. Noi non accettiamo l’obiettivo palestinese di uno stato palestinese indipendente tra Israele e la Giordania. Crediamo ci sia un’entità palestinese separata, non uno stato”.

2007-2016 – Negli anni ci sono state ulteriori concessioni da parte israeliana (in particolare, tra le molte, si ricorda il Piano di disimpegno unilaterale da Gaza del 2005). In seguito alle elezioni politiche palestinesi del 2006 ed al successivo scontro armato tra le due principali fazioni del palestinismo (Hamas-Fatah) dal 2007 l’intera striscia di Gaza è sotto controllo dell’organizzazione terroristica di Hamas.

In conclusione vale la pena ripetere un concetto fondamentale per porsi in maniera corretta di fronte alla questione arabo-israeliana: la prima volta nella storia in cui quelli che oggi vengono definiti (Arabi) Palestinesi hanno ottenuto di autogovernare parti di territorio appartenenti alla Palestina-Eretz Israel del Mandato per la Palestina è stata in seguito ad una concessione israeliana e attraverso un Accordo stipulato tra il Governo di Gerusalemme e l’OLP.

Resta una domanda, preso atto che la propaganda palestinista mente per definizione: perché organizzazioni teoricamente imparziali come l’ONU e la sua sottosezione UE insistono nel difendere e diffondere le falsità – occupazione, colonie – della propaganda palestinese?

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