Dunque anche Brian Eno fa sentire la sua voce e non le note della sua musica perché venga tolto un suo brano musicale dall’esibizione della compagnia di danza israeliana Batsheva Dance Company che si esibirà nei prossimi giorni nel contesto del Torino Danza.
Eno è, per chi non lo sapesse, un sostenitore del BDS e insieme a 1700 artisti ha sottoscritto un documento intitolato “Artisti per la Palestina”, il cui obbiettivo è quello di non intrattenere rapporti con il governo dello stato ebraico.
La lettera che Brian Eno ha scritto alla compagnia di danza per revocare il suo consenso vale la pena di pubblicarla per intero.
“Caro Ohad Naharin, cara Batsheva Dance Company, sono venuto recentemente a conoscenza del fatto che state utilizzando un pezzo della mia musica in un’opera chiamata Humus. Ho saputo di questo utilizzo solo la scorsa settimana, e, anche se in un certo senso sono lusingato che avete scelto la mia musica per la vostra opera, purtroppo crea un grave conflitto per me. Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me. Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica. Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il ‘Brand Israele’ e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione è un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani. Solo un paio di giorni fa un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne Mahmud Badran e non è neanche chiaro se verrà accusato di un crimine, e tantomeno punito. E centinaia di migliaia di palestinesi in Cisgiordania dovranno passare un’altra estate senza servizi idrici affidabili, mentre la demolizione di case palestinesi e la confisca di terre palestinesi va avanti senza tregua, come ormai da molti anni. Non vi è nessun segno di un qualsiasi tentativo di limitare l’attività dei coloni in alcun modo. Sto cercando di capire le difficoltà che dovrebbe affrontare qualsiasi artista israeliano – e in particolare, quelli come voi che hanno dimostrato alcune simpatie per la causa palestinese. Ritengo che il vostro governo utilizzi artisti come voi e, sfruttando il vostro naturale desiderio di continuare a lavorare – anche se vuol dire diventare parte di una strategia propagandistica. Potrebbe essere che la vostra compagnia di danza non possa ufficialmente prendere le distanze dal governo israeliano, ma io posso e lo farò. Non voglio che la mia musica sia concessa in licenza per qualsiasi evento promosso dall’ambasciata israeliana. Ho discusso di tutto ciò con la mia amica Ohal, un’artista israeliana e un’altra sostenitrice del Bds, e so che lei e i suoi colleghi israeliani del Bds capiscono la necessità di un boicottaggio. Come artisti dovremmo essere liberi di scegliere di rispondere alle ingiustizie dei governi, il tuo o il mio che sia. Cordialmente, Brian Eno”
Ora, il testo parla da solo, ed è inutile commentarne l’impianto complessivo, tuttavia alcuni rilevi vanno fatti. 1) Mahmud Badran, l’adolescente palestinese ucciso a giugno non è stato “assassinato”. Budran è stato ucciso per sbaglio dai soldati dell’IDF che stavano inseguendo alcuni uomini i quali avevano da poco lanciato delle pietre e delle bombe molotov contro una macchina.
Badate alla frase utilizzata da Eno, “Un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne”. I soldati o il soldato responsabile di avere ucciso il ragazzo palestinese, diventa di rango superiore in modo da rimarcare in modo clamoroso il divario tra l’uccisore, o meglio, “l’assassino”, e la sua giovane vittima. L’associazione mentale che si crea nella mente del lettore sprovveduto è quella immediata dell’ufficiale nazista che ammazza a sangue freddo un ragazzino ebreo. E, naturalmente, è questo il messaggio che si vuole veicolare. Gli israeliani “assassinano” i palestinesi così come i nazisti assassinavano gli ebrei. Infatti l’Autorità Palestinese, relativamente all’episodio (anche se lo fa in generale), ha parlato di “esecuzione”.
Mi soffermo solo su questa frase della lettera perché in realtà è una sineddoche, il resto, le “confische”, la privazione d’acqua, sono già riassunti e dissolti qui. Non servono, sono irrilevanti.
Per i Brian Eno e i Roger Walters, ciò che conta è la leggenda nera, sempre quella, al cui centro, una volta cerano gli ebrei della diaspora, mentre oggi sono diventati gli israeliani. C’è l’assassinio, il furto, la malefatta (non l’avvelenamento dei pozzi, ma in questo caso, il razionamento dell’acqua), ci sono i coloni cattivi che depredano e umiliano i poveri palestinesi occupando le “loro” terre. Ci sono i buoni e i cattivi, il male e il bene. Lo schema manicheo del trinariciuto senza scampo.
Dulcis in fundo c’è la comprensione umana, partecipata del musicista, per la compagnia israeliana, “sfruttata” dal proprio governo al fine di propagandare il “brand Israele”.
Il “brand Israele”, già.
E’ questo che non si sopporta. L’insopportabile esistenza di questo “marchio”, al cui posto, una volta, non così tanto tempo fa, si preferiva quello della stella gialla.
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