“Gli ebrei sanno di essere più simpatici da morti, ma dovendo scegliere, preferiscono essere antipatici e vivi” Golda Meir, quarta premier di Israele.
Le mistificazioni e le strumentalizzazioni incessanti. Per capire il presente, come è noto (a chi è noto) bisogna conoscere il passato. E’ sconcertante il livello di ignoranza dei fatti storici che frequentemente si riscontra tra le “anime belle”, gli aedi della fine dell'”occupazione” della Giudea e della Samaria e la variopinta sequela dei flabelliferi al loro seguito.
Vediamo alcune cose. Sempre concentriamoci su una data fatidica. Imprimiamocela in mente, 1967. L’anno della Guerra dei Sei Giorni. Israele vince la guerra contro Egitto, Giordania, Siria. Come conseguenza della guerra Gaza, Samaria e Giudea passano a Israele.
Soffermiamoci ora sulla risoluzione 242 delle Nazioni Unite. Il primo punto della risoluzione sottolinea “l’inammissibilità di acquisizioni di territorio per mezzo di guerre”.
In “The Place of International Law in the settlement of disputies by the Security Council”, Dame Rosaylin Higgins, Presidente della Corte Internazionale di Giustizia afferma testualmente che “non vi è alcunché nella Carta delle Nazioni Unite o nelle leggi internazionali che lasci supporre che l’occupazione militare, in assenza di un trattato di pace sia illegale…La legge dell’occupazione militare, col suo tessuto complesso di diritti e di doveri, rimane integralmente rilevante, e (ATTENZIONE al seguito) fintanto che le nazioni arabe accettino di negoziare un trattato di pace, Israele è di pieno diritto autorizzato a rimanere nei terrirori che attualmente detiene”.
Dunque secondo il Presidente della Corte Internazionale di Giustizia dal 2006 al 2009, il permanere di Israele nei territori occupati (allora Gaza, Samaria e Giudea), oggi Samaria e Giudea (la cosiddetta “West Bank”), non solo è “integralmente rilevante” in ASSENZA di un trattato di pace, ma è subordinata alla sua negoziazione. Ma per molti esperti della domenica di diritto internazionale, Israele dovrebbe smobilitare dall’oggi al domani confidando nella buona volontà araba di comportarsi virtuosamente dopo che esso avrà abbandonato i territori. Come si è infatti visto nel 2005, quando Israele lasciò Gaza.
Proseguiamo. Due pesi e due misure. Precedenti. Nel 1961 l’India usò la forza per annettere Goa. Una decisione del Consiglio di Sicurezza che chiedeva il ritiro delle forze indiane fu bocciata con l’uso del diritto di veto dall’Unione Sovietica. L’11 maggio del 1964 a proposito della questione tedesca Kossyghin dichiarò, “Non si è mai visto un paese restituire territori conquistati dopo una guerra provocata dal paese sconfitto”. Infatti, non si è mai visto. Si dovrebbe vedere, per molti, nel caso di Israele. Ma continuiamo.
Il 2 settembre sempre del 64 la Pravda scriveva riferendosi alla Cina popolare, “Un popolo che è stato attaccato, che si difende e che esce vittorioso dal combattimento, ha il sacro dovere di esigere, per sempre, una situazione politica che gli permetta la liquidazione di ogni minaccia di aggressione…non è il caso di restituire territori SINO A CHE ESISTA UN PERICOLO DI AGGRESSIONE”. (Maiuscole mie).
Estrapoliamo dalla Carta di Hamas. “Nel nome del Molto Misericordioso Allah, Israele esisterà e continuerà ad esistere fino a quando l’Islam non lo cancellerà, così come ha cancellato altri prima di lui”.
Estrapoliamo dalla Carta di Hamas. “Nel nome del Molto Misericordioso Allah, Israele esisterà e continuerà ad esistere fino a quando l’Islam non lo cancellerà, così come ha cancellato altri prima di lui”.
Ritorniamo alla risoluzione 242 e al diritto internazionale e all’acquisizione di territori. L’ex Unione Sovietica ci fornisce qualche illustrazione. Carelia Orientale, province della Polonia Orientale, Bessarabia, Bucovia, Russia Subcarpatica. Territori occupati dall’Armata Rossa e poi incorportati mediante accordi internazionali.
Lasciamo l’ex impero soviertico e torniamo nel Medio Oriente. A seguito della guerra del 1948 gli stati arabi invasero i territori designati a fare parte del costituendo stato di Israele. Costituendo sia nei termini mandatari sia sulla base della risoluzione delle Nazioni Unite. Occupazione, (di nuovo attenzione) che violava l’art. 2, paragrafo 4 della Carta in maniera ben più grave, scaturendo da una ribellione a quanto l’ONU aveva statuito. Dunque anche quelle conquiste territoriali erano illecite, ma all’epoca, stranamente, nessuno si stracciò le vesti.
Di nuovo la 242.
1) Afferma che l’adempimento dei princìpi della Carta richiede l’instaurazione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente, la quale dovrebbe includere l’applicazione di entrambi i seguenti princìpi:
a) ritiro delle forze armate israeliane da territori occupati nel recente conflitto;
b) cessazione di tutte le pretese o stati di belligeranza e rispetto per un riconoscimento della sovranità, integrità territoriale ed indipendenza politica di ogni stato nell’area e del loro diritto a vivere in pace entro frontiere sicure e riconosciute, liberi da aggressioni o atti di violenza.
Dal 1947 ad oggi del punto b è stato sistematicamente fatto strame da parte degli arabi, i quali mai hanno riconosciuto de facto la legittimità di Israele in quanto tale. Ora, la mancanza di riconoscimento da parte araba della legittimità di Israele di esistere, è, essenzialmente il principale problema a una effettiva soluzione della questione. Nessun reale negoziato può avere luogo se una delle due parti negoziatrici non riconosce all’altra il diritto fondamentale che essa ha di esistere. Coerentemente con questo assunto Hamas ritiene “proposte, iniziative e conferenze internalzionali, una perdita di tempo”. L’OLP ha sempre e solo formalmente riconosciuto Israele, obbligata dai fatti, ma nella sostanza non lo ha mai fatto, da qui, fondamentalmente, il fallimento di tutti i negoziati.
Andiamo al punto a. La risoluzione 242 non dice dove le forze israeliane si debbono ritirare né entro quali limiti di tempo. Stabilito in linea di principio che Israele debba ritirare le proprie forze armate resta prioritaria e predeterminante la necessità da parte araba del riconoscimento di Israele in quanto tale e la fine di ogni proposito proclamato e attuato di aggressione nei confronti dello stato ebraico e di sua auspicata distruzione (“Fintanto che le nazioni arabe accettino di negoziare un trattato di pace”).
Oppure no?