La decisione dell’UNESCO di riferirsi al Monte del Tempio, il sito più sacro dell’ebraismo, con i nomi arabi, “al-Haram al-Sharif” e “Al-Aqsa” non deve meravigliare più di tanto. E’ caratteristico dei conquistatori modificare, rinominandola, la toponomastica dei luoghi catturati e sottomessi al loro imperio. La storia abbonda di esempi. Per restare alla storia antica, secondo Plutarco, Alessandro Magno, durante il periodo di espansione dell’impero macedone, fondò ben settanta città con il suo nome. Nel 130 AD, Adriano rinominò Aelia Capitolina la città di Gerusalemme, trasformando la regione che per secoli era stata chiamata Giudea in Palestina.
Il nuovo nome impone il sigillo del conquistatore, piega il passato alle esigenze politiche e ideologiche del nuovo corso delle cose. Per i conquistatori e i colonizzatori è necessario che la storia ricominci con nomi nuovi, perché il nome nuovo segna un nuovo inizio e nominare le cose significa averle in proprio potere. Il colonizzatore rimodella il passato come cera sotto i propri polpastrelli, riconfigura la realtà secondo la propria volontà egemonica. E nessuna altra civiltà è stata più persistente in questo operare di quella islamica.
I colonizzatori musulmani di pari passo con l’estensione territoriale del loro dominio hanno proceduto a una colonizzazione teologico-scritturistica appropriandosi dei testi sacri ebraici e in parte cristiani riplasmandoli secondo la loro agenda. Così, da patriarca dell’ebraismo, Abramo è diventato colui che istituisce il pellegrinaggio alla Mecca, partecipando alla costruzione della Ka’ba, e Gesù non solo non è mai stato crocifisso ma alla fine dei tempi si ergerà come testimone di Maometto contro lo stesso cristianesimo.
Per diversi predicatori musulmani la moschea di Al-Aqsa presiste il Monte del Tempio, anzi, il Tempio di Salomone non è mai esistito, poiché tutto è originariamente musulmano. Così come è essenzialmente musulmana la Bibbia ebraica, è essenzialmente musulmana la Palestina, considerata Dār al-Islām (Casa dell’Islam) da sempre.
La decisione dell’Unesco è solo un ulteriore tassello di quel mosaico di appropriazione-espropriazione (estirpazione) dell’ebraismo, delle sue radici ben piantate in Palestina da millenni, per sostituire con radici importate e innestate successivamente.
Se è pur vero che alcune personalità musulmane gerosolimitane hanno riconosciuto per secoli l’esistenza del Monte del Tempio a sua volta suffragata contro ogni ragionevole dubbio da scoperte archeologiche, oggi non è più così. E non è più così unicamente per ragioni ideologiche e politiche ben precise. Ragioni che l’Unesco, emanazione dell’ONU, ha prontamente recepito.
La colonizzazione nominale del Monte del Tempio di cui l’Unesco si è fatto ossequioso strumento, è in perfetta continuità con la precisa volontà politica di cancellare l’ebraicità di luoghi fondamentali per la memoria ebraica. Operazione analoga a quella portata a compimento con successo dalla Giordania quando, nel 1950, rinominò la Giudea e la Samaria “West Bank”.
Ci troviamo dunque davanti a un flagrante esempio della infaticabile propaganda arabo-musulmana di cui l’ONU è da quasi cinquanta anni il solerte megafono.
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